L’uomo più veloce di sempre all’isola di Man, l’unico pilota ad aver abbattuto il muro dei 17 minuti, il 28enne in grado di aver già conquistato 13 TT si apre finalmente al pubblico e rivela la sua storia di trionfi, passione e dolore.“Road Racer: it’s in my blood” è la prima autobiografia di Michael Dunlop e uscirà (in lingua inglese) il 20 aprile 2017.
Il Belfast Telegraph ha annunciato in esclusiva la pubblicazione di una serie di estratti significativi del libro di “Micky D” e per gentile concessione ci ha permesso la traduzione di una delle rare interviste che Michael ha rilasciato, in occasione del round BSB di Donington Park lo scorso weekend, la sua prima uscita in gara con la Bennetts Suzuki del Team Hawk Racing.
Schivo e poco propenso a parlare con i giornalisti, il figlio minore di Robert Dunlop ha spiegato il perché di questo libro: “Tutti mi chiedono sempre le stesse cose e ho pensato che fosse più semplice raccontare tutto in un libro. Così tutti possono ricevere le risposte che stavano cercando”. E, riferendosi alla tragica morte del padre Robert alla North West 200 del 2008, afferma: “Per anni ho sentito le stesse domande: perché lo hai fatto? Perché lo hai fatto in quel modo? Cosa ti passava per la testa in quel momento? Ecco, ho deciso di rispondere a tutto questo attraverso il mio libro”.
Il ragazzo di Ballymoney ha indubbiamente le idee chiare, niente peli sulla lingua o timore di dispiacere a qualcuno: “Non sono uno che si tiene dentro le cose. Piuttosto butto fuori tutto dicendo la verità. Non mi piace mentire perché una volta che inizi a farlo finisci per perderti tra le tue stesse bugie. Quando dici la verità non ti stai nascondendo da nessuna parte e questo è ciò che voglio fare nella mia vita”.
“Non mi interessa come la gente mi vede e non farà alcuna differenza se dopo aver letto il libro cambieranno idea su di me. Ci sono persone a cui piaccio e altre a cui non piaccio, ma ci devo convivere. In questo libro non mi sono nascosto, sono stato diretto parlando di vari aspetti della mia vita” prosegue Michael nell’intervista al Belfast Telegraph.
Un libro toccante, che mette a nudo persino il doloroso episodio dell’incidente del padre Robert, fratello di Joey Dunlop, deceduto a sua volta 8 anni prima in una gara minore in Estonia. Il 15 maggio 2008, durante la North West 200 (Irlanda del Nord) a pochi km da casa, Robert Dunlop e i figli William e Michael partirono per le prove della classe 250cc, a poca distanza l’uno dall’altro. La moto di William ebbe un guasto e il più grande dei fratelli non arrivò mai al tragico luogo dell’incidente del padre. Michael, invece, avvicinandosi alla zona di Mather’s Cross fu costretto a rallentare a causa delle bandiere rosse. Vide pezzi di una moto sparsi sull’asfalto e lì, tra questi, il corpo del padre. Buttò la propria moto contro le protezioni e si gettò disperato a stringere la mano di Robert, ancora in vita. Più volte era successo e il copione sembrava lo stesso, pur nella tangibile gravità di questo incidente; ma, agli occhi di un figlio, il proprio padre è sempre invincibile. E anche questa volta Michael si era convinto che Robert ce l’avrebbe fatta. Ma non fu così. Lo vide caricato sull’ambulanza mentre lui rimase lì, a Mather’s Cross, la tuta ancora indosso, senza rendersi veramente conto che suo padre stava morendo.
I fratelli Dunlop dichiararono in seguito che non avrebbero preso parte alla North West 200, ma poi cambiarono idea. A quel punto, però, gli organizzatori si rifiutarono di farli correre, freschi di una perdita così dolorosa, sicuramente non abbastanza forti mentalmente. Ma William e Michael si presentarono in griglia con le loro 250cc e nessuno ebbe il coraggio di mandarli via. Il resto è storia. La moto di William non partì e fu Michael a farsi carico di qualcosa di miracoloso, lui che alla North West 200 non aveva mai vinto prima. Dopo una gran battaglia con Chris Elkin e John McGuinness, Michael Dunlop tagliò per primo il traguardo della 250cc Race e, sceso dalla moto e attorniato da meccanici e amici, si sciolse in un pianto disperato.
“Vivo con questo ricordo ogni giorno della settimana. Non è qualcosa che puoi cancellare. Certo, scrivere il libro mi ha riportato alla mente altri ricordi, ma convivo comunque ogni giorno con quello che è successo, quindi il libro non ha cambiato molto le cose” spiega Michael.
Un libro dedicato al padre, il suo eroe, la sua ispirazione. “Non sarei quello che sono ora se non fosse stato per mio padre. Prima di morire mi aveva già messo in una posizione tale da poter essere qualcuno, fare qualcosa. Se non fosse stato per lui non avrei fatto niente di ciò che sto facendo ora. Mio padre è stato una grande ispirazione per me, era il mio idolo e nel libro ho cercato di raccontare come ho proseguito la mia vita senza di lui. Cose come questa non si cancelleranno mai, saranno sempre con me. Quando vinco le gare vorrei tanto che fosse qui a vedermi, ma purtroppo non è così“.
(Si ringrazia il Belfast Telegraph per la gentile concessione degli estratti dell’intervista a Michael Dunlop)





Duro fuori e duro dentro,duro con tutti e duro con se stesso
Veramente un uomo speciale