“Quando lo vidi, sapevo che aveva il talento per diventare uno dei grandi del TT. Il resto è storia”. Esordisce così nella nostra chiacchierata Jack Valentine, storico boss di altrettanto storici team, un nome legato a doppio filo con il motociclismo “duro e puro”, parlando dell’indimenticabile David Jefferies.

David Jefferies con l’inconfondibile Yamaha V&M al Macau GP (ph: Macau GP press)
Inglese di Oldham (Manchester) classe 1953, Valentine fondò la squadra V&M nel 1982 assieme al “tuning guru” Steve Mellor, affiancando questa attività alla sua carriera di pilota Drag Racing. Appeso il casco al chiodo nel ’90, Jack e Mellor si buttarono a capofitto nella preparazione di motori per piloti quali Carl Fogarty, James Whitham, Robert McElnea. Da qui a diventare punto di riferimento su suolo inglese e mondiale il passo fu breve, anche grazie allo stretto rapporto con Honda UK, interrotto solo nel ’99 quando Valentine puntò su Yamaha e sulla stella nascente David Jefferies: una scommessa trionfale.
Jack, hai iniziato a lavorare con “Big Dave” nel 1999, con un team e una Yamaha a basso budget contro al grande colosso Honda. E avete vinto, subito. Scommetto che ricordi molto bene il sapore di quel trionfo nella gara Formula 1 al TT!
Sì, esatto, abbiamo intrapreso una vera e propria sfida quell’anno. Ammiravamo da tempo il talento di DJ su moto che non erano certo le migliori. In particolare abbiamo notato i suoi giri veloci nella Senior TT 1998 sulla sua R1 privata e sapevamo che aveva il talento per diventare uno dei grandi del TT. Il resto è storia. Sapevamo cosa ci serviva per battere Honda , costruire una moto con circa 30 cavalli in più rispetto alla RC45 factory e lasciare che David facesse il resto. Ha interrotto 17 anni consecutivi di dominio Honda nella F1 Race!
Secondo la tua opinione, Dave era un puro talento naturale o ha costruito le sue abilità di guida negli anni?
Senza dubbio era un talento naturale, amava guidare qualsiasi tipo di moto, anche se l’esperienza al TT se l’è dovuta costruire pian piano partendo dal guidare una CBR600 praticamente stock.
Da quel sensazionale TT 1999 seguono tre anni di trionfi per V&M con il giovane DJ nelle road races e nel British Superstock Championship. Una carriera, quella di Jefferies, che avrebbe potuto essere ancor più brillante se non fosse stato per l’ostilità nel BSB e per la morte prematura di DJ a Crosby, durante le prove del TT 2003, scivolato su una chiazza d’olio non segnalata. A 31 anni, il “gigante” inglese aveva conquistato 9 vittorie al Tourist Trophy in 6 edizioni disputate, svariati trionfi a Scarborough, North West 200, Ulster Gp e Macao, 2 titoli British Superstock, primo pilota ad abbattere il muro delle 125 mph all’Isola di Man (fermandosi in seguito a 127.29 nel 2002), primo a vincere 3 gare in una stessa settimana di TT e molto altro ancora.

Jack Valentine (foto: motorcyclenews.com)
Jack, perché David non riuscì mai ad avere una sella competitiva nel British Superbike? Credi davvero che fosse solo per la sua mole?
Credo di sì, comunque se io avessi avuto il budget necessario al tempo mi sarebbe piaciuto moltissimo dargli questa opportunità.
Com’era lavorare con Jefferies, descritto da molti come professionale ma anche un po’ fuori dalle righe?
Era proprio così, era entrambe le cose! Mi ricordo che una volta eravamo alla North West e avevamo appuntamento con qualcuno della stampa per un’intervista al nostro workshop. Dissi a DJ l’orario ma la stampa arrivò un po’ prima, così chiamai David per avvisarlo. “No problem, parto subito” mi disse, saltando in sella alla sua KTM Supermoto. Doveva fare circa 8 miglia dal paddock attraverso la campagna. Circa 5 minuti dopo sentii la KTM tirata al massimo nelle stradine vicine e dissi alla stampa che DJ stava arrivando. E all’improvviso comparve dal vialetto d’accesso, a tutta velocità, facendo scappare tutti con un enorme “stoppie” a circa 80 mph. Poi tranquillamente scese dalla moto come se avesse fatto la cosa più normale del mondo e disse: “Bene, chi voleva l’intervista?”. E’ stato molto divertente!
Lo credo! David aveva e ha tuttora moltissimi fan in tutto il mondo, ma al tempo alcuni supporter di Joey Dunlop criticavano Jefferies per il suo stile di guida ritenuto pericoloso. Come prendevi le sue difese?
Il punto è che nelle road races al tempo non si era mai visto un pilota lasciare le “strisce nere” sull’asfalto praticamente in ogni curva. Credo che molta gente pensasse che in quel modo David si stesse mettendo in mostra o stesse guidando oltre i propri limiti. In realtà era una cosa naturale visto la potenza della sua moto e le abilità di guida di DJ. Ora che le moto sono tutte molto più potenti praticamente tutti lo fanno, persino con le Superstock.
Ulster GP 1999, una battaglia epica tra David Jefferies e Joey Dunlop, con David che fece la pole position da newcomer e vinse la prima gara Superbike, e Joey in trionfo nella seconda. Com’era David prima delle gare? In particolare, sapeva di poter battere il “king of the Mountain” al primo tentativo? Com’era il rapporto tra DJ e Joey?
David era tranquillo, semplicemente se stesso, anche se era un tracciato nuovo per lui. Sapeva anche di avere il vantaggio di una moto potente nei tratti veloci di Dundrod, lo stradale più veloce al mondo, mentre Joey aveva dalla sua parte l’esperienza nelle sezioni più tecniche. E’ stata una battaglia serratissima e, quando David capì che non poteva battere Joey nell’ultimo settore, pensò di tagliare il traguardo con una fantastica impennata per la gioia degli spettatori. La sua relazione con Joey era di assoluto rispetto e credo anche che il successo di Dave diede a Joey una rinnovata motivazione per portare le International Road Races ad un livello più alto e tornare a vincere.
Come hai preso la notizia del passaggio di David a TAS Racing nel 2002?
E’ stato brutto perdere David ma la colpa è stata di Yamaha che non volle aumentare il budget per tenerlo. David era al top a quel tempo e quello era il suo lavoro, doveva guadagnarci dei soldi. Suzuki e TAS lo sapevano bene e da parte sua David conosceva il valore della GSXR che lo aveva battuto l’anno precedente nel British Superstock. Non ci sono stati attriti tra di noi quando ci ha lasciati, comunque, tutto è stato molto professionale e siamo rimasti amici sia con lui che con la sua famiglia.
Non solo David Jefferies ma anche Iain Duffus, Jim Moodie, Craig Jones e più recentemente John Hopkins: Valentine ha lavorato fianco a fianco con molti top riders, fondando la Valmoto nel 2003 assieme alla moglie Doris sulle ceneri di V&M. Fu anche parte di Crescent Suzuki e, nel 2013, autore del ritorno di MV Agusta al TT schierando prima Gary Johnson, poi Peter Hickman sulla bellissima “Trooper by Iron Maiden”; il TT 2016 avrebbe dovuto segnare la collaborazione tra Valmoto e Billy Redmayne, scomparso invece prematuramente. Nel 2017 vedremo Jack nei panni di team manager Bournemouth JG Speedfit Kawasaki, con James Hillier.
Qual è il più bel ricordo della tua carriera finora, Jack?
Ce ne sono molti, ma la vittoria della Formula 1 TT 1999 li batte tutti. Lì abbiamo fatto la storia e, credo, cambiato anche il TT per gli anni a venire. Un altro bel ricordo è la vittoria al TT Supersport 2003 con Bruce Anstey su Triumph, 28 anni dopo che la Casa inglese aveva corso per l’ultima volta all’Isola di Man; vincemmo anche il premio come miglior Team. Entrambe queste vittorie hanno fatto la storia.
Credi che fosse più difficile trovare sponsor per le road races un tempo o è più complicato oggi?
Trovare sponsor è qualcosa di molto difficile oggi come lo era un tempo. Dipende sempre tutto dal budget, però nel 1999 abbiamo dimostrato che si possono fare grandi cose anche solo con la passione e un bel team.
Qual è il pilota con cui hai avuto il miglior rapporto lavorativo?
Onestamente mi sono trovato bene quasi con tutti. Mi piacciono i piloti che mi fanno capire di voler correre per me ed il mio team e che non sono lì solo per soldi. Questo magari succede più avanti, quando hanno successo. Alcuni piloti sono molto esigenti, e va bene, purchè se il team fornisce loro ciò che chiedono loro rispondano con risultati. Ma in particolare era molto bello lavorare con DJ.
DJ un altro grandissimo talento indimenticabile che purtroppo si può ammirare ormai solo su dvd…X sempre un grande!!!
Ho comprato la biografia di DJ, leggenda !
Bravissima Marta, bellissima intervista; come sempre.
Grazie mille! E grazie anche per gli spunti!
Bell’intervista come le altre! Ce ne saranno altre? Magari a Bruce Anstey?
Grazie! Sicuramente sì!
Lo stesso Jack Valentine è un grandissimo delle road races, ricordo la prima videocassetta della North West 200 che avevo acquistato nel 1996, le moto V&M andavano fortissimo e le ho sempre tifate
Non vedo l’ora di leggere un’intervista della brava Marta al mio idolo Bruce “Flying Kiwi” Anstey!