Alex Polita e Marco Pagani, niente Tourist Trophy 2018

Per ben due anni la presenza italiana al Tourist Trophy era passata dalla figura solitaria di Stefano Bonetti a una bella line-up di tre piloti, con Marco Pagani prima e Alex Polita poi a sventolare il tricolore all’Isola di Man.

Marco Pagani (a sinistra) e Alex Polita (a destra). Foto: LapConcepts e Diego Mola

Al TT del prossimo giugno, però, resterà di nuovo il solo “Bonny” a fare da nostro portabandiera, con Pagani e Polita che salutano l’esperienza oltremanica per motivazioni diverse.

Era stato per primo il bresciano Marco Pagani, camionista di professione classe 1982, ad affiancarsi a Stefano Bonetti al TT nel 2015, dopo l’esperienza al Manx GP 2014 e la conquista del titolo di italiano più veloce di sempre proprio al Manx. Pagani aveva quindi affrontato il TT nel 2015, 2016 e 2017 (sulla privatissima BMW S1000RR) centrando un best lap a 124.1 mph di media nel 2016; la wild-card a Imatra (Finlandia) nel campionato IRRC ad agosto aveva aggiunto un altro tassello alla sua esperienza su strada, per un pilota non professionista formatosi totalmente in pista. Ma ora Pagani, almeno per il momento, dice basta, accantonando anche quel sogno tanto accarezzato e mai realizzato di partecipare alla road race più veloce al mondo, l’Ulster GP.

Stessa decisione per Alex Polita, che, dopo una carriera tra Mondiale Superbike, Superstock (di cui fu campione del mondo nel 2006), British Superbike Championship, CIV ed Endurance, nel 2016 rivolge la sua attenzione alla “gara delle gare”, come lui stesso l’ha definita, esordendo direttamente al Tourist Trophy con l’esperto Team tedesco Penz13.com. Sotto la guida dell’ex pilota Rico Penzkofer e compagni di squadra, nel corso di un biennio, quali Michael Rutter, Dan Kneen, Danny Webb e Gary Johnson, il trentatreenne di Jesi rimane affascinato dall’adrenalinico appeal delle corse su strada. La bella famiglia Polita, con la piccola Ida, è stata subito amata nel paddock del TT. Dopo aver fatto segnare nel 2017 il suo best lap sul Mountain Course in 122.33 mph di media, “il Pirata” partecipa anche a Imatra (IRRC) centrando tre podi e sfiorando la vittoria per un soffio. Per concludere poi la stagione con l’invito al famigerato Macau GP in Cina: un’esperienza forte, che ha certamente avuto il suo peso nelle decisioni maturate da Polita.

 

 

Alex, Marco, avete scelto di non essere al via del TT 2018. Quali sono state le motivazioni per questa importante decisione?

Alex Polita al TT 2016, da esordiente (foto: Maverick Pics)

Alex Polita: Innanzitutto c’è la questione “nulla osta”. Sapevo già da giugno 2017 che forse ci sarebbe stato questo problema, ho sperato fino all’ultimo che cambiasse qualcosa ma così non è stato. Per il 2018 ho quindi deciso di rimanere fedele alla Federazione Italiana che negli anni mi ha sempre aiutato e supportato. Senza questione “nulla osta”, chissà. Mi dispiace ovviamente non poter essere al TT, anche se già l’anno scorso ti dicevo che forse non sarei tornato, ma la voglia c’era sempre, è una droga. Forse ad oggi mi dispiace più per l’IRRC che per il TT, perché l’IRRC si adatta di più al mio stile e quest’anno puntavo a vincere il campionato. Perché, in fondo, con ogni progetto della mia carriera sono sempre partito da casa per vincere, un po’ presuntuosamente, certo, ma se non la pensassi così non avrei fatto il pilota. Al TT sarei arrivato al massimo quindicesimo? Ventesimo? I primi dieci sono inarrivabili, continuare a rischiare per arrivare quindicesimo cosa avrebbe cambiato? Non avrei mai vinto, inutile nascondersi dietro ad un dito; è una gara in cui noi italiani difficilmente possiamo vincere. A Macao invece non tornerei nemmeno se mi pagassero oro. 

Marco Pagani: Durante l’ultimo anno e mezzo ho cambiato lavoro mettendomi praticamente in proprio con mio fratello. Ora l’impegno è maggiore ed il tempo per progettare ed organizzare quanto necessario per tradurre i sogni in realtà è davvero poco. È stato difficile e molto impegnativo far quadrare tutti gli impegni per essere presente al TT 2017. Una volta tornato ero molto stanco, avevo bisogno di un periodo di riposo e lì ho cominciato a pensare cos’altro mi sarebbe piaciuto realizzare e come poterlo fare. Ora in cantiere ho due progetti molto interessanti che potranno essere resi pubblici approssimativamente in aprile. Per il momento ci sto lavorando. Inoltre questi quattro anni sono stati molto impegnativi a livello organizzativo e pratico, hanno assorbito le mie energie al 100% e non essendo un pilota di professione ma un semplice appassionato (seppur sognatore) con un lavoro molto impegnativo il tempo a disposizione è sempre poco e bisogna scegliere cosa fare. Non si può fare tutto. Magari! Ho sentito il bisogno di percorrere altre strade, anche se so che quest’anno il Mountain Course e tutti gli amici conosciuti sull’isola di Man mi mancheranno terribilmente. Se penso che non mi lancerò giù da Bray Hill questo giugno mi si chiude lo stomaco. Seguirò gli amici che sono là con molta passione! E se troverò un volo dell’ultimo momento magari andrò a tifarli qualche giorno!

 

È un addio o un arrivederci?

Marco Pagani al TT 2017 (foto: Snapchap)

Alex Polita: Credo sia un arrivederci alle road races. Diciamo che vorrei capire “cosa voglio fare da grande”. Mi piacerebbe fare il Classic TT magari, ma il 2019 è lontano.

Marco Pagani: Non è un addio, sento il bisogno di tornare a guidare lungo il Mountain. Vedremo se sarà possibile farlo il prossimo anno al TT, o se i nuovi progetti saranno a lungo termine potrei partecipare al Manx GP tra qualche anno nella Junior e nella Senior con un approccio più easy sia dal punto di vista economico che organizzativo. Macchina, carrello e gas!

 

Potete dirci qualcosa dei vostri progetti 2018?

Alex Polita: Farò il National Trophy con la BMW del Team SB Corse e poi l’Endurance. Quest’anno torno “a casa” seppur in un campionato “minore”, anche se ormai moltissimi piloti forti sono proprio al National Trophy e non al CIV, per un problema credo di organizzazione. Indipendentemente da questo, io ho scelto un campionato “tranquillo” per riprendere il ritmo, visto che da un paio d’anni in pista ormai non facevo più niente; sarà molto utile per mantenere il ritmo e tenermi in forma per l’Endurance.

Marco Pagani: Non posso parlarne fino ad aprile, poi spiegherò anche il perché. Comunque sto portando avanti un progetto “Racing” ed uno in cui la licenza internazionale non serve, ma alla cui base stanno sempre la moto e la passione.

 

Dato che entrambi avete toccato l’argomento, cosa ne pensate della decisione della Federazione Italiana di non rilasciare più i “nulla osta” per le road races? 

Alex con la compagna Eva a Macao 2017 (foto: Luca Colombara)

Alex Polita: Come ti dicevo, ho deciso di rimanere fedele alla Federazione Italiana perché negli anni mi ha sempre aiutato e supportato. Non mi sembrava giusto e corretto nei loro confronti cambiare Federazione per un capriccio. Sì, un capriccio, perché sin dall’inizio sapevo benissimo che il TT non sarebbe mai stata una gara in cui avrei potuto puntare a vincere. Lo sfizio me lo sono tolto.

Marco Pagani: Sono rammaricato di non poter più rappresentare la mia nazione utilizzando la licenza italiana nelle gare internazionali, ma non ci posso fare nulla. Devo prenderne atto e muovermi di conseguenza. Chi non ti vuole non ti merita. Non mi interessa discutere sul perché o il percome. Farò la licenza in Slovenia, mi è stata consigliata per la serietà della loro Federazione.

 

Alla luce delle vostre esperienze al TT e in altre road races a cui avete partecipato, quali sono stati il momento più bello e quello più brutto per voi?

Alex Polita: Di momenti belli ne ho avuti tanti, è stata certamente una bella esperienza e il bilancio personale è più che positivo. Di solito sono sempre molto critico con me stesso ma stavolta mi voglio dare un 7.5/8, perché ho dimostrato a me stesso di saper affrontare nuove sfide e non sfigurare. Non dovevo dimostrare niente a nessuno, solo a me stesso. Il momento più bello è stato sicuramente il primo giro del primo TT nel 2016, il primo giro da solo, quando ho capito realmente quello a cui sarei andato in contro, quando ho capito che il sogno si stava realizzando sul serio.

Il momento più brutto è stato invece lo scorso novembre in Cina, quello che ho visto a Macao; lo sanno tutti che questo fa parte delle road races ma probabilmente non ero pronto ad affrontare ciò che è successo. Forse gli inglesi la vedono in modo diverso e sono predisposti a delle cose che noi non comprendiamo. Loro vivono una realtà diversa, piloti e familiari. Io ho fatto molta fatica a comprendere come piloti che piangevano disperati nei box dopo l’incidente potessero essere fuori a festeggiare con la birra in mano solo qualche ora dopo. Ma loro sono fatti così, hanno una mentalità completamente diversa dalla nostra.

Marco Pagani al TT 2017 (foto: LapConcepts)

Marco Pagani: Il momento più bello è stato la partecipazione al Manx GP, la prima volta sul Mountain non si scorda mai! Il primo giro da solo, veramente emozionante ed esperienza unica, una cosa che solo ottomila persone su sei miliardi che siamo su questa terra hanno potuto provare. E fidatevi, non c’è nulla di simile che si può fare guidando una moto! Poi l’ultimo giro nella Junior Race in 117.295 mph, che mi è valso il record di italiano più veloce del Manx GP, non lo scorderò mai. Peccato solo aver perso più di metà della settimana di prove e per tutti i problemi avuti. Col passo gara della Junior mi sarei giocato la vittoria la sera prima nella Newcomer A con Malachi Mitchell e Billy Redmaine, ma avevo fin lì fatto troppi pochi km per spingere subito forte. Sono cose che non tornano più, debutti solo una volta. Mi sento comunque fortunato ad aver fatto quello che ho fatto ed aver sempre usato il cervello oltre al gas. Un altro momento bellissimo vissuto in questi anni di road races è stato (da spettatore) vedere consegnato il premio “Spirit of the Ulster” al mio amico Davide Ansaldi nel 2013! Un premio così rappresenta una vittoria personale che una Federazione come la nostra non potrà mai capire: passione, sacrificio, onore, orgoglio, determinazione, la realizzazione dei propri sogni con i propri mezzi. In questo Davide Ansaldi e Dario Cecconi hanno simboleggiato l’eccellenza ed un esempio per noi italiani e non solo. 

Di momenti brutti ce ne sono stati molti purtroppo. Tutti i piloti e gli amici che ho perso in questi anni, spesso non a causa di un loro errore. Dario per primo. Al Manx mi è subito stato chiaro che lì non si scherzava affatto: in uno dei primi turni serali sono partito di fianco ad un professore cinquantenne, io sono rientrato, lui no. A volte il destino di uno sconosciuto ti passa di fianco e nemmeno lo sai. Sul Mountain i destini di tutti i piloti sono legati. Al TT 2015 sono passato a salutare Frank Petricola la sera prima che cadesse all’ingresso di Sulby Straight. Era un amico. È stato toccante parlare poi con i suoi genitori venuti a spargere le sue ceneri sul Mountain. Sono cose che ti toccano, un padre e una madre non dovrebbero mai succedere al proprio figlio. Al TT2016 Paul Shoesmith è caduto davanti a me a Sulby e la sua moto non mi ha centrato per un millesimo di secondo. Non so come ho fatto ad uscirne a quasi 300 km/h tra fumo, fuoco e con una traiettoria difficile da deviare. Solo fortuna, o caso. Decidete voi. Al TT 2017 sono passato per due giri da Greeba Castle guardando Davey Lambert a terra e non capivo perché non sospendessero la gara. Ci eravamo conosciuti al Manx, entrambi nella Newcomer A, gli avevo prestato un pezzo del mio Kawa per poter fare la gara e mi era arrivato davanti per due secondi sui tre giri. Con Alan Bonner ero amico dal 2013, quando l’avevo visto correre all’UGP, un gran talento, una bella guida davvero. Qualche sera prima del fatto eravamo seduti vicini alle premiazioni della Superbike Race a Villa Marina. Lui è l’incolpevole vittima del TT 2017, caduto sull’olio mal segnalato di non si sa chi nel destra da 250 km/h prima del 33esimo miglio. Io sono passato una moto dopo di lui e non so come ho fatto a uscire di lì. Ho preso in pieno la grande scia di olio, la moto è partita pari e poi si è raddrizzata. Non aggiungo altro. Non era il mio momento probabilmente. Sempre al TT dello scorso anno al primo giro della Stock mi sono trovato davanti steso sulla riga bianca Jochem Van Den Hoek caduto a Birkins Bend che partiva due posizioni davanti a me. Non so cosa sia successo, ma è un vero peccato, era molto giovane; avevamo corso insieme a Imatra nell’IRRC. E poi vicini di tenda da anni come Ian Bell e Andy Soar. Questo è il lato oscuro del TT, quello che sai che c’è ma che non vorresti mai vivere di persona. Forse al TT sarebbe più facile non essere amico di nessuno, ma è proprio dalla condivisione della stessa esperienza, delle stesse paure e delle stesse ambizioni che possono nascere amicizie speciali e uniche. Solo chi ha provato può capire, non serve sentirsi costantemente, basta scambiarsi uno sguardo in quelle due settimane come capita mille volte: mentre ci si allinea su Glencrutchery Road, lungo il tracciato fermi chissà dove ad una postazione dei Marshal per una bandiera rossa, al Race Office, sotto la tenda di Isla Schott Physiotherapy, nel paddock o anche al cesso. Poco importa, quegli occhi sanno già tutto.

 

Grazie ragazzi e in bocca al lupo per qualsiasi cosa facciate! Ci mancherete!

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2 reazioni a Alex Polita e Marco Pagani, niente Tourist Trophy 2018

  1. Luca ha scritto:

    Avere il passo al Manx GP di gente come Malachi Mitchell-Thomas e Billy Redmaine, da debuttanti, è una bella soddisfazione; però almeno Marco è ancora vivo, loro due no.
    Si vede che il destino era diverso, e migliore, per il nostro pilota.

  2. Luca ha scritto:

    Spero che Pagani possa in futuro partecipare all’Ulster GP, è un tracciato bellissimo.
    Il TT è unico, ma l’Ulster GP vien subito dopo, almeno per me.

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