Lo avevamo incontrato poco prima della partenza ed ora eccoci qui, ad ascoltare i racconti di Enrico Rocchi al suo ritorno dalla Tandragee 100. Davanti ad una bella pinta di Guinness, giusto per non perdere le abitudini irlandesi.
Mentre parla della sua prima road race, dell’Irlanda del Nord, di quel tracciato che lo scorso anno ha portato via l’amico Dario Cecconi, della gente favolosa che lo ha accolto, gli occhi di Enrico brillano. Il ricordo di un’avventura fatta di motori e passione è più viva che mai.
Già, perchè la Tandragee 100 non è stata per il pilota bergamasco solo l’esordio nelle corse su strada d’oltremanica, ma anche la testimonianza di come quel mondo sia così diverso dal nostro, di quanto la gente sia disposta ad aiutare incondizionatamente l’ultimo arrivato, pur con tutte le difficoltà della lingua.
“Abbiamo subito conosciuto gli amici più stretti di Dario Cecconi, in particolare Des Hamilton, che con noi è stato fantastico, facendo davvero di tutto; e poi Anne Forsythe e Sheila dell’organizzazione, che persone… “, racconta Enrico.
“Per puro caso, poi, ci siamo accorti di esserci piazzati con il gazebo vicino ad un certo Stephen ‘Cargo’ Carr. Anche lui mi ha aiutato molto con la moto, venendo ad assistermi alle verifiche tecniche e in griglia. Poi ho scoperto che lui e Dario si mettevano sempre vicini alle gare”.
Quindi hai avuto ottime impressioni nell’ambiente delle road races irlandesi.
“Assolutamente sì. Sarà stato anche perché ero andato lì per commemorare Dario, ma mi hanno accolto tutti in modo fantastico. Non credo riservino a tutti un’accoglienza del genere, mi hanno trattato come un principe! La gente poi veniva a chiedermi l’autografo, sapevano che ero l’italiano”.
Cosa ci dici invece del tracciato?
“Il tracciato di Tandragee è molto veloce e tecnico, puoi trovare qualsiasi elemento immaginabile di uno stradale: salti, discese, curve veloci, curve lente, ed è molto stretto. Sinceramente non me lo aspettavo così veloce, i video non rendono l’idea, non rendono pendenze e velocità. In un paio di punti arrivi a 230/240 km/h in salita, vedi il cielo e niente sotto; chi sa bene dove andare non molla il gas”.
Prima delle due gare, però, gli organizzatori ti hanno chiesto di ritirarti una volta arrivati i doppiaggi. Come l’hai presa?
“Mi hanno chiesto di ritirarmi al terzo/quarto giro perché non ero abbastanza veloce per quella gara, quindi per motivi di sicurezza. Solitamente, anche se non c’è una regola precisa, i newcomer corrono prima in altre classi, ma io avevo solo un 1000cc, ero italiano e il mio intento era anche quello di commemorare Dario, quindi mi hanno accettato direttamente nella Open con piloti quali Dan Kneen, William Dunlop, McGee, Sheils… Ma appunto, per ragioni di sicurezza, mi hanno chiesto di ritirarmi quando fossero iniziati i doppiaggi. Ho accettato la decisione, a maggior ragione dopo le prove ho capito che sarebbe stata la cosa più sensata; avrei potuto ostacolare qualcuno che si stava giocando la gara all’ultimo giro. Quindi dalle gare io risulto ritirato e perciò c’è un po’ di rammarico, ma ho perfettamente capito la richiesta”.
Fosse stata un’altra road race come la Cookstown 100, con molti più iscritti, avresti potuto correre nella Open B, ma a Tandragee era previsto un solo gruppo, quindi possiamo capire la richiesta…
Pensi di fare altre road races quest’anno e di tornare l’anno prossimo a Tandragee?
“Per quest’anno va bene così, per l’anno prossimo vediamo. Mi piacerebbe tornarci, ma c’è tempo…”
Tu vieni sostanzialmente dalle gare in salita. Puoi fare un confronto?
“Le nostre corse in salita, in confronto alle road races irlandesi, sono gincane! Lì ho trovato tante difficoltà nel veloce, le nostre salite non si avvicinano nemmeno a una cosa del genere. Perdendo nel tratto veloce e nei salti accumuli un ritardo che non riesci più a colmare”.
Un’ultima domanda Enrico, cosa è stato fatto per ricordare Dario? Tu avevi i suoi adesivi sulla moto.
“Sì, inoltre gli organizzatori e la famiglia hanno realizzato un trofeo chiamato ‘Spirit of Tandragee 100’ con un premio in denaro e me lo hanno consegnato. Non ne sapevo niente ed ero senza parole. L’anno scorso avevano addirittura organizzato una serata con piatti tipici e canzoni italiane, tra di loro. Tutto sempre molto in sordina, a loro non interessa farsi vedere, mettersi in mostra, è il significato che conta. Sono fantastici. Ho persino visto una bandiera italiana appesa ad una finestra sul tracciato!”
Beautiful article….
Solo una parola “PASSIONE”