Simona Zaccardi: “L’Isola di Man ti cambia, tutto il resto è noia”

Non sono molte le donne che possono dire di aver corso all’Isola di Man. Di aver vissuto quell’esperienza che “ti cambia la vita”, quell’esperienza che chi non ha provato non riesce a capire. Non sono in tante a poterlo dire, ma lei sì. 

Simona Zaccardi può contare nel suo palmarès due partecipazioni alla North West 200 ed una al Manx GP, due road races di assoluto valore. Simona può vantarsi di questi meriti ancor più perché donna, naturalmente per una pura questione di numeri: le donne sul Mountain Course sono state poche e dire di essere stata una tra queste non è certo cosa da niente.

Trentotto anni, romana, Simona ha alle spalle una storia di grande passione, gran “manico” e determinazione. Vincitrice del CIV femminile nel 2004, l’anno successivo si classifica al primo posto anche nel Ducati Challenge, unica donna partecipante. Terza nell’Europeo Femminile 2006, Simona riesce a contare sempre sulle proprie forze, da privata. E sulle proprie forze sarà costretta a contare anche nel 2007, quando decide di correre all’Isola di Man e il suo team le fa sapere che non l’avrebbe accompagnata. Troppo pericoloso. Ma non per Simona, che con il suo CBR600RR si classifica al 18° posto nelle gara dei Newcomer A al Manx GP 2007, con un best lap alla media di 88,511 mph. La sua seconda gara, la Senior Race, viene purtroppo annullata a causa del maltempo e la Ducati 999 rimane quasi inutilizzata.

La Zaccardi torna alle road races  dopo qualche anno, questa volta lungo il  triangolo Portrush-Portstewart-Coleraine: partecipa alla North West 200 nel 2011 e nel 2012 nelle gare Supersport e l’idea, oggi, è quella di correrci ancora.

 

Simona, quali sono i tuoi progetti per questo 2014?

I miei progetti per il 2014 sono il CIVS e se riesco la North West  200. Se riesco, perché sono ancora incerta sulle mie condizioni sia fisiche che economiche. C’è uno sponsor che mi dovrebbe sostenere…dovrebbe! 

 

 

Lo scorso anno eri pronta per la tua terza North West 200, ma poi cosa è successo?

L’anno scorso ero prontissima per la partenza ma due giorni prima di partire mi sono infortunata una mano sul lavoro. Sarà stato un segno del destino?! Sta di fatto che alla fine sono riuscita a fare solo una gara del CIVS.

 

 

Nel 2007 hai fatto il tuo debutto sul Mountain Course. Cosa si prova nell’attimo in cui si aspetta la “pacca sulla spalla” da parte del marshal alla partenza?

Il Mountain Course è un’esperienza indescrivibile! Non si può definire neanche unica e a

Simona Zaccardi a Quarterbridge

Simona Zaccardi a Quarterbridge, Manx GP 2007 (foto: iomguide.com)

dire la verità non sono mai riuscita a descrivere in pieno tutte le emozioni, sensazioni che si provano nel correre lì. Una cosa è certa: ti cambia, vedi le cose in maniera diversa da come le hai sempre viste. Le cose che ti sono sempre state superficiali diventano importanti, i problemi di tutti i giorni diventano insignificanti. Insomma, la mia mente, i miei pensieri, il modo di vivere i miei giorni sono cambiati. Quando sei lì il tempo sembra fermarsi. Sembra di vivere la vita di qualcun altro e quando torni a casa piangi perché sai già che ti mancheranno quelle emozioni. Hai paura che tutto diventi noioso e in effetti è così. Tutto il resto è noia…

 

Al Manx GP avevi un meccanico un po’ “speciale”. Immagino ti abbia dato consigli preziosi!

In quei giorni chi poteva meglio accompagnarmi e assistermi come meccanico? Stefano Bonetti! All’epoca eravamo fidanzati e molto affiatati. Mi ha seguito meglio di un meccanico e ha anche patito un po’ la tensione! Sì, era un fifone! Era terrorizzato dal fatto che io corressi lì. Mi dava consigli e poi “dovevo andare piano”! Detto da lui puoi immaginare quanto era da ridere!

 

Qual è il tuo tratto preferito del Mountain Circuit? E quale alla North West 200?

Il tracciato del Mountain è fantastico ma difficile da imparare per la sua lunghezza. Come mi diceva Stefano, infatti, prima di imparare a memoria il Mountain ci vogliono anni. E’ talmente difficile da imparare che non hai nemmeno il tempo di pensare. Ogni curva è diversa, è facile confondersi, come è successo a me. Un dritto da paura nei primi giri di prova e una quasi caduta di sotto la montagna in gara! Invece la North West è molto più facile! La impari subito dopo pochi giri, il tempo di prendere qualche misura ed è fatta. E’ molto veloce e ci vuole molto motore, non basta solo il manico… Il mio pezzo preferito è quello del ponticello dove ci passi sotto e sfiori i muretti ovunque (Dhu Varren, ndr).

 

C’è un’altra road race a cui vorresti partecipare? Immagino il Tourist Trophy…

Io penso che nella mia carriera agonistica abbia fatto più del dovuto. Certo, la ciliegina sulla torta era il Tourist Trophy ma adesso ormai è diventato impossibile, adesso che ho anche una figlia. Per correre lì ci vuole tanta esperienza e allenamento e adesso che ho mia figlia ho poco tempo per entrambe.  Mi alleno pochissimo, quasi niente e lo stesso con la moto. Se prima andavo spesso a girare per allenarmi, adesso ho più che dimezzato. Mi rimane appunto il CIVS, dove i costi sono limitati e le ore di allenamento anche. Se non cerchi di raggiungere eccellenti risultati va bene poco allenamento e tutto il seguito.

 

Cosa ti spinge verso le corse su strada, ritenute da molti “troppo pericolose”?

Prima di iniziare a fare le road races correvo solo in pista in vari campionati e i miei colleghi, quando dicevo che era il mio sogno andare a correre all’Isola di Man, mi hanno sempre detto che ero matta. Le gare stradali dai “pistaioli” sono sempre state mal viste. Le ritengono tutti molto pericolose, quando invece io penso che siano altrettanto pericolose anche quelle in pista. Dipende sempre secondo me da come uno le affronta…. Insomma, ci vuole un po’ di buon senso in entrambe. Poi, adesso che sono diventata mamma il buon senso è ancora più marcato.

 

Hai mai pensato di smettere con le gare dopo la nascita di Gillian? 

Dopo neanche tre mesi dalla sua nascita sono andata a fare la North West con pochissimo allenamento e ancora gli acciacchi del parto, ma la voglia di tornare a correre lì era tanta. Infatti è stata dura! Dopo pochi km la stanchezza mi bloccava le braccia e avevo un fiatone da paura. Per questi motivi mentre correvo pensavo di andare più lenta dell’anno precedente e invece quando ho visto i tempi ne sono rimasta stupita, erano gli stessi.

 

Cosa ci dici invece del CIVS? Le salite possono davvero essere considerate le “road races italiane” o si può fare di meglio?

Il CIVS anche se non ti alleni non ti mette in crisi fisicamente come le road  races “vere”! Dico “vere” perché non c’entrano nulla con le nostre garette da nemmeno 2 km. Il CIVS è divertente e poco dispendioso, ma se cambiassero qualche cosina sarebbe ancora meglio. Ad esempio, allungare i tragitti, togliere le chicane che invece di fare bene fanno peggio… cadono tutti lì! Allora sì che si potrebbero essere delle road races italiane di tutto rispetto!

 

In bocca al lupo a Simona per questa sua stagione 2014. Alla North West 200 faremo il tifo per lei!

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